Cesaro, presunto prestanome dei Caputo, respinge le accuse. Noi, invece, ora vi decodifichiamo ciò che è sotto il velo.

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I fratelli Nicola e Mario Caputo, ben noti per le loro imprese commerciali diventate poi tragedie finanziarie, tornano sotto i riflettori con l’affermazione che Cesaro non sarebbe un prestanome che gestisce i loro affari. Per capire tutto ciò, si dovranno disfare le trame di una storia complessa.
La storia inizia quando i Caputo, accusati di incapacità manageriale, dichiarano bancarotta e non pagano i creditori. Questo episodio ha attirato l’attenzione del programma televisivo “Le Iene”, che ha realizzato un servizio su di loro.
Nicola Caputo ha cosi tentato di rifarsi con la politica e con una botta di fortuna, ha intrapreso una carriera politica nel Partito Democratico, divenendo parlamentare europeo, fallisce anche politicamente tanto da non essere rieletto. Poi, alla vigilia delle elezioni regionali e con i Caputo a secco e a corto di soldi, entra in scena la figura di Cesaro.
I Caputo, insieme a questo Cesaro e ad altri soggetti locali vicini a qualche esponente della camorra casalese, costituiscono diverse società, ed iniziano anche la produzione di mascherine e altri generi di forniture. Durante questo periodo, Nicola diventa assessore regionale mentre la loro cantina andava all’asta.
Le loro attività proseguono anche con la cantina all’asta, inclusa la produzione di mascherine, grazie all’aiuto degli amici dell’ASL. Ma dove continuano queste attività e produzioni? Nella stessa cantina che è andata all’asta!
Successivamente, girano tutto su Cesaro ed, attraveso un’operazione complessa, riacquisiscono anche la cantina dall’asta sempre tramite Cesaro.
Ora bisogna dire che il Cesaro è il suocero di Amente Cosimo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione.
Questa situazione di trasversalismo ed interessi bipartisan ha portato a un diffuso clima di sospetto di corruzione e di legami camorristici, di tangenti , mazzette e camorra. Osservatori e commentatori si domandano ora come una famiglia fallita si sia potuta salvare sfruttando la politica giocando su più fronti, e come dei delinquenti truffaldini passino per persone perbene. Le forze dell’ordine e la magistratura sono ora chiamate a fare luce su questa intricata rete di interessi.
In questa intricata trama, una cosa è certa: sui Caputo non si può avere intenzione di restare in silenzio, e le forze dell’ordine dovranno fare i conti con un caso di grande complessità che potrebbe avere implicazioni su larga scala. Ora la palla passa alla magistratura.

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